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Crescere cittadini
da Bambini, n. 3, marzo 2020, pp. 65-69
Autrici: Annalisa Cattaneo e Sara Festini (insegnanti, scuola dell’infanzia “Agustoni Maria Ceri”, Consorzio “Educare è comunità”, Mozzanica Bg)
“Lei, Greta Thunberg, sta scioperando da scuola sapendo – e mostrandoci – qualcosa di così vero che dobbiamo fermarci anche noi. Non ci sta parlando solo di cambiamento climatico, ma ci sta richiamando all’etica dell’educare, del governare, dello scegliere. E allora il mondo si ferma insieme a lei. Prima un po’ di altri studenti, poi sempre di più ogni venerdì, e finalmente tanti, tantissimi un venerdì speciale che è una dichiarazione d’amore per il futuro” (Guerra, 2019).
Tutto è iniziato così, quasi un anno fa, venerdì 15 marzo 2019, in una scuola dell’infanzia a Mozzanica (Bg). Ai bambini non è stato proposto di scendere in piazza con striscioni e cartelli, ma è stato chiesto loro che cosa avrebbero potuto fare in quel grande giorno di niente (Alemagna, 2016) dello sciopero per l’ambiente. Subito è nata l’idea di passare del tempo in natura: nel giardino o nel parco adiacente alla scuola. Ma il flusso dei loro pensieri ha posto l’attenzione su due aspetti: la natura ci regala tante meraviglie e tesori, ma spesso la sporchiamo e non ne abbiamo cura. “Perché non usano i cestini per buttare la sporcizia?”; “Se c’è il vetro per terra ci possiamo tagliare. È pericoloso!”; “Non possiamo giocare in un parco sporco!”.
Dalle parole si passa alle strategie possibili: “Passiamo in tutte le case e glielo diciamo! Fin dove riusciamo a camminare diciamo: «Smettetela di buttare le cose!»”; “Mettiamo le telecamere”; “Possiamo anche raccogliere le cose e buttarle noi!”; “Oppure un video da mandare su whatsapp a tutti! È abbastanza dire non buttare la carta dappertutto o il cibo o le altre cose!”; “Piantiamo nuovi alberi”; “Si possono mettere dei cartelli”. Tutti i pensieri dei bambini sono stati accolti e hanno portato ad azioni concrete.
I bambini decidono di attuare una sorta di Guerrillia Gardening (Smith, 2015, p. 55) per abbellire il giardino della scuola con un messaggio chiaro da lanciare al mondo: “Dobbiamo avere cura del nostro pianeta!”. Nasce il bisogno di fare qualcosa di più, qualcosa che resti, qualcosa che faccia sentire davvero la voce dei bambini, e così il gruppo di una sezione si impegna nella realizzazione di un video per sensibilizzare su questo tema e raggiungere più persone possibili; il gruppo dell’altra sezione prepara invece alcuni cartelli da appendere al parco adiacente alla scuola. Si tratta di un lavoro che si sviluppa parallelamente nelle due classi, ma che ha tanti punti in comune e perciò bisogna unire le forze.
I bambini si sono sentiti soddisfatti nel fare qualcosa per l’ambiente, ma non tutto è andato per il verso giusto.
Una mattina un bambino racconta di aver visto dei ragazzini strappare i loro cartelli, ciò genera molta rabbia e senso di ingiustizia. I bambini si pongono molte domande sul perché di questa azione che riconoscono come negativa e che li fa sentire impotenti: “Ma se lo diciamo noi, loro non ci ascoltano perché siamo piccoli”. Questa affermazione ha portato noi insegnanti a dare maggior importanza e valore alle loro voci. I bambini hanno molto da dire, ma noi li stiamo ad ascoltare? Che peso e valore diamo alle loro parole? “I bambini pensano grande”, direbbe Franco Lorenzoni (2014) e come suggerisce Janusz Korczak (1995): “è faticoso frequentare i bambini. Ci obbligano a innalzarci fino all’altezza dei loro sentimenti e pensieri”. Solo attraverso questo sforzo di ascolto e vicinanza dell’adulto si aprono piste inaspettate e si riesce ad arrivare davvero all’essenza dell’educazione.
La scuola pone al centro i bambini, parte da loro, e non può non riconoscere un articolo fondamentale della Costituzione, art. 21, ossia il Diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola. Per esprimerlo con parole più semplici e vicine ai bambini, potremmo tradurlo come “Diritto al dialogo ad ascoltare e poter prendere la parola, interloquire e dialogare” (Zavalloni, 2014).
Gli alunni sono i veri protagonisti e attori dell’esperienza scolastica e in un momento di assemblea vengono condivise idee, pensieri e proposte. “Così le idee volano, rimbalzano, si ammucchiano, si rialzano, si disfano lentamente o si dileguano. Fino a che una di esse piglia decisa il sopravvento, vola altissima e conquista vittoriosa tutto il parlamento. Comunque, è l’idea adottata che, a sua volta, adotta i bambini e gli insegnanti” (Malaguzzi, 1995, p. 11).
“Possiamo chiamare il sindaco! È il capo del paese. Decide le cose importanti. Colui che riordina e risolve i problemi”. Detto fatto! Al sindaco è arrivata una lettera dei bambini della scuola dell’infanzia e così lui li ha invitati al Municipio. Nell’incontro nessuna parola viene sottovalutata, nessun pensiero o proposta sminuiti. Il sindaco si trova a dover argomentare perché alcune richieste dei bambini non sono sostenibili dal Comune e cosa invece può essere accolto. Un incontro che inorgoglisce il sindaco, i bambini, le insegnanti e le loro famiglie. Non si può restare indifferenti ai bambini, al futuro. Il messaggio che ci lascia il primo cittadino è ricco di speranza: “Se tutti avessero la vostra sensibilità non ci sarebbe bisogno di raccogliere con i guanti. Serve pazienza e sensibilità. Sono certo che è in atto un cambiamento e il merito è delle vostre insegnanti e dei vostri genitori, l’avete appreso da loro. Sono contento e felice di avervi conosciuti direttamente e vi ringrazio. Continuate su questa strada anche quando diventerete grandi. Ci vuole rispetto per la natura e per gli altri!”. I bambini sono convinti che qualcosa si possa fare, che qualcosa possa cambiare. Loro non vogliono che gli venga rubato il futuro, vogliono potersi rotolare giù da una collina o correre in un prato senza inciampare in una bottiglia di vetro o plastica, senza trovare mozziconi di sigaretta o cannucce. Il loro messaggio è chiaro e lo vogliono tradurre anche in versi poetici con “La natura vince!”.
Come insegnanti siamo chiamate a formare i cittadini di domani con lo sguardo aperto al mondo. “Essere cittadini del mondo comporta, come ovvio, il rispetto e l’amore per ciò che ci circonda perché non ereditiamo la Terra dai nostri padri ma la prendiamo in prestito dai nostri figli. […] La conoscenza dell’ambiente, pertanto, porta alla maturazione di comportamenti responsabili nella cura e nella conservazione dell’ambiente stesso” (Panzarasa, 2011, pp. 65 e 97).
Quando abbiamo deciso di aderire al Global Strike For Future non immaginavamo di avviare un percorso di cittadinanza attiva. Non avevamo previsto di accendere nei bambini coscienza e responsabilità etica verso di sé, gli altri e la natura. I bambini si sono sentiti parte di una comunità vera e propria e hanno sentito la responsabilità di essere “cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale” (Miur, 2012, p. 6).
I Nuovi Scenari sottolineano che “l’educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze significative che consentano di apprendere il concreto prendersi cura di se stessi, degli altri e dell’ambiente e che favoriscano forme di cooperazione e di solidarietà. Questa fase del processo formativo è il terreno favorevole per lo sviluppo di un’adesione consapevole a valori condivisi e di atteggiamenti cooperativi e collaborativi che costituiscono la condizione per praticare la convivenza civile” (Miur, 2018, p. 6). Prendersi cura dell’ambiente, a partire dal giardino fuori dalla nostra porta, scegliere di parlare con la più alta carica del paese sono certamente un modo per vivere le prime esperienze di cittadinanza. Sono un modo per “scoprire l’altro da sé e attribuire progressiva importanza agli altri e ai loro bisogni; rendersi sempre meglio conto della necessità di stabilire regole condivise; implica il primo esercizio del dialogo che è fondato sulla reciprocità dell’ascolto, l’attenzione al punto di vista dell’altro e alle diversità di genere, il primo riconoscimento di diritti e doveri uguali per tutti; significa porre le fondamenta di un comportamento eticamente orientato, rispettoso degli altri, dell’ambiente e della natura” (Miur, 2018, p. 8). Questo lavoro ha consolidato le relazioni tra il gruppo di bambini perché li ha visti protagonisti di un progetto comune, ha portato a un’apertura verso il territorio e il paese, ha significato vedere i bambini futuri adulti, capaci di osservare il mondo, di porsi domande, proporre soluzioni ed esprimersi nella consapevolezza di essere ascoltati.
Il pensiero e le conoscenze crescono all’interno di un gruppo, il sapere va condiviso, messo in comune, per offrire una crescita collettiva. “Perché la conoscenza si genera, sempre, insieme […] nel rapporto quotidiano con l’ambiente può nascere il rispetto per il mondo che solo la conoscenza e la familiarità possono dare” (Antonacci e Guerra, 2019, pp. 25-27).
Non dobbiamo dimenticare che la scuola deve affiancare al compito “dell’insegnare ad apprendere” quello “dell’insegnare a essere”.
In una recente pubblicazione, Contro i bambini di Rosalba Santoro, viene sottolineata l’importanza dell’esempio degli adulti: “Quello che noi facciamo a loro è in buona parte quello che loro un giorno faranno al mondo” (Santoro, 2019, p. 82).
Non dimentichiamo che i bambini ci guardano e ci imitano, “guardano quello che facciamo ma soprattutto sentono quello che siamo. Il nostro esempio è una guida che orienta il processo di costruzione dell’identità dei bambini, che può illuminare loro la strada o renderla buia” (Mai, 2019, p. 88).
Spesso si pensa alle insegnanti come figure che operano all’interno di una classe e una volta chiusa la porta si appartano in un loro mondo e si trovano sole. Ma come possiamo spiegare la collaborazione, la condivisione e la solidarietà se noi adulti non sappiamo porci come modello? La bellezza di questo lavoro, al di là della riflessione sull’ambiente, è proprio nella compartecipazione. Due se zioni che si trovano e si confrontano, tante idee con un obiettivo comune, insegnanti che si trovano a crescere insieme, una scuola che va oltre le pareti dell’edificio ma si apre al territorio interpellando diverse figure (sindaco, operatore ecologico, fiorista, postino…). Stare insieme e collaborare permette di pensare e fare in grande, questo insegna che, oltre al mio e tuo, esiste anche il nostro. Condividere può essere faticoso e ci fa scontrare con i limiti di ciascuno di noi, ma allo stesso tempo ci apre nuove piste e ci regala un mondo di gioia.
Essere felici e coltivare entusiasmo sono due cardini fondamentali del nostro fare scuola. Senza gioia, senza coinvolgimento attivo dei centri emotivi non può esserci apprendimento significativo.
I bambini ci hanno detto chiaramente che ora sono felici e sanno di aver fatto qualcosa di importante perché: “La natura è bella se tutta pulita. Vogliamo che tutto il mondo sia pulito!”.
Non sappiamo come saranno questi bambini da grandi e se conserveranno un’etica ecologica e uno spirito critico; quel che è certo è il loro presente. Abbiamo di fronte dei cittadini con un pensiero proprio da condividere con gli altri e non da tenere solo per sé, che vogliono agire e vedere un cambiamento possibile. Sono bambini che si confrontano con adulti pronti ad accogliere i loro rimandi e a farsi da parte perché il cammino sia tracciato dai bambini. Come adulti dobbiamo essere capaci di dare fiducia ai bambini perché, anche se piccoli, possono pensare in grande. Allora, come ha detto André Stern, durante una conferenza, non ci resta che “scendere per essere alla loro altezza perché di fronte a noi c’è un gigante con un enorme potenziale.
...E se passate da Mozzanica fate attenzione, potreste trovare dei bambini in giardino o alla finestra che controllano che tutto sia in ordine e nessuno getti rifiuti a terra.
Bibliografia
Alemagna B., Un grande giorno di niente, Topipittori, Milano, 2016.Antonacci F., Guerra M. (a cura di), Una scuola possibile. Studi ed esperienze intor- no al Manifesto Una Scuola, FrancoAngeli, Milano, 2018.
Guerra M., Diritto al futuro, in “Bambini”, n. 3, marzo 2019.
Korczak J., Quando ridiventerò bambino, Luni, Milano, 1995.
Lorenzoni F., I bambini pensano grande: cronaca di una avventura pedagogica, Sel- lerio, Palermo, 2014.
Malaguzzi L., Le fontane, Reggio Children, Reggio Emilia, 1995.
Mai P., La gioia di educare: pedagogia della bruschetta, Tlon, s.l., 2019.
Miur, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, in “Annali della Pubblica Istruzio- ne”, 2012.
Miur, Indicazioni Nazionali e Nuovi Scenari,
Roma, 2018.
Panzarasa S. (a cura di), L’orecchio verde di Gianni Rodari, Stampa alternativa Nuovi equilibri, Viterbo, 2011.
Rodari G., Il libro dei perché, Editori Riuniti, Roma, 1984.
Santoro R., Contro i bambini: memorie di una brava maestra, Il Saggiatore, Milano, 2019. Smith K., Risveglia la città, Terre di Mezzo, Milano, 2015.
Zavalloni G., Diritti naturali di bimbi e bimbe, Filmino, Rimini, 2014.
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