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L'albo illustrato (prima parte)
Potenzialità educative, tipologie e indicatori di qualità
Parole chiave: Lettura precoce, albo illustrato, letteratura per l’infanzia, narrazione
da Rivista Infanzia, n. 2, 2022
Autrice: Antonella Bastone (Pedagogista, Docente a contratto in Pedagogia presso le Università di Torino, del Piemonte Orientale e di Genova)
Tra i prodotti che caratterizzano la cultura per l’infanzia, l’albo illustrato occupa un posto di primaria importanza per la qualità delle proposte editoriali estremamente diversificate nelle forme e nei contenuti.
Analizzare le caratteristiche estetiche che connotano i repertori dei libri per l’infanzia, le potenzialità educative e le modalità d’uso nella relazione con il bambino, richiede capacità di orientamento importanti in quella che possiamo definire la prima “educazione alla lettura”.
L’albo illustrato come mediatore relazionale ed educativo
L’albo illustrato è generalmente il primo prodotto narrativo che il bambino incontra nella sua crescita e la relazione con l’adulto di riferimento è la situazione più frequente in cui il bambino impara a conoscere l’albo illustrato, dato che l’adulto che si occupa della sua educazione (genitori e professionisti) svolgono una funzione di mediazione tra il libro e il bambino, in termini di proposta, suggerimenti e supporto conoscitivo.
L’albo illustrato può diventare un contenitore produttivo di intense esperienze di scoperta, sperimentazione, apprendimento, capace di accompagnare il bambino nella sua crescita, adattandosi alle competenze via via acquisite nelle tappe evolutive. L’esperienza educativa più significativa è certamente la lettura condivisa, considerata dai più importanti organismi internazionali, quali l’Oms, l’Unicef, l’Unesco, come tra le più incisive a livello di sviluppo integrale della personalità: in virtù del legame affettivo che lega il bambino all’adulto di riferimento, la narrazione ha la capacità di incentivare competenze rilevanti sia nell’area cognitiva, come la stimolazione della corteccia prefrontale e di tutte le competenze esecutive più complesse e raffinate, sia dal punto di vista emotivo-affettivo, come la graduale acquisizione delle abilità di base per la conoscenza e la gestione delle emozioni. L’adulto assume quindi un ruolo fondamentale, in quanto svolge una funzione di mediazione dei contenuti, significati, emozioni, vissuti che il testo trasmette (Alushaj e Tamburlini, 2018).
Un libro che cresce insieme al bambino
L’albo illustrato mostra la sua specificità già dallo stesso binomio con cui lo si definisce e che contiene le sue caratteristiche fondanti: una struttura narrativa costituita dalla compresenza di due codici comunicativi (parole e immagini) che si integrano a vicenda, generalmente senza poter essere scisse. Infatti, le immagini non servono semplicemente a illustrare il testo, ma lo integrano al punto che possono anche sostituire le stesse parole (Blezza Picherle, 2004). La presenza abbondante delle immagini porta a volte l’adulto a sottovalutare le potenzialità formative dell’albo illustrato, considerandolo una modalità semplice di comunicazione. In realtà è proprio la presenza di un doppio sistema di comunicazione a rendere questo prodotto narrativo più complesso di quanto appaia, poiché induce il bambino a passare velocemente da un sistema di decodificazione ad un altro: la parola ascoltata e le immagini, ricche di dettagli che spesso precisano e arricchiscono il significato del testo.
L’uso abbondante delle immagini fa sì che l’albo illustrato sia particolarmente indicato in età prescolare, quando il bambino non ha ancora le capacità di decodificare la lingua scritta senza il supporto dell’adulto e il sistema visivo resta una delle principali modalità di conoscenza del mondo. Tuttavia, un aspetto molto interessante dell’albo illustrato è proprio la sua capacità di evolvere, seguendo le conquiste del bambino, in termini di sviluppo cognitivo e psicomotorio. Il mercato dell’editoria infantile è infatti attento a proporre albi illustrati caratterizzati da crescenti abilità di decodificazione, sia nei contenuti proposti che nella forma. A questo proposito, bisogna infatti ricordare che i tempi di attenzione di un bambino sono inizialmente molto limitati, ma crescono con l’età. Un bambino di 6-7 anni, parallelamente all’inserimento scolastico, inizia ad acquisire in termini di sviluppo cerebrale la capacità di attenzione intenzionale, selettiva e sostenuta per almeno 15 minuti, mentre occorre arrivare all’adolescenza per poter mantenere consapevolmente l’attenzione senza distrarsi per circa 30-45 minuti. È comprensibile quindi come l’attenzione nella prima infanzia sia piuttosto limitata, compatibilmente con lo sviluppo neurofisiologico del bambino: si tratta inizialmente di una forma di attenzione selettiva, attivata da stimoli che l’ambiente, in modo intenzionale o casuale, presenta in modo più significativo, ma resta comunque circoscritta a pochi minuti, oltre che fluttuante nell’arco della giornata (Oliverio, 2001). Ecco perché i primi albi illustrati presentano generalmente piccole storie – le cosiddette protostorie - caratterizzate da brevi sequenze narrative, spesso legate all’esperienza quotidiana del bambino o alle sue scoperte sensoriali, con protagonisti in cui è facile identificarsi come bambini o animali antropomorfizzati.
Per quanto semplici nella loro forma e struttura narrativa, i primi albi illustrati richiedono all’adulto la disponibilità di un “tempo lento” di fruizione: il bambino mostra spesso attenzione ai dettagli, desiderio di tornare indietro per rivedere immagini significative, ripetizione di alcuni messaggi, dimostrando così che la decodificazione dell’albo illustrato è più complessa di quanto emerga in apparenza. È un momento caratterizzato da una fisicità importante che filtra il messaggio narrato: occorre prestare attenzione alla prossemica dei corpi, all’eliminazione di eventuali fattori di distrazione che disturberebbero il godimento della narrazione, alla mimica facciale e al paraverbale che accompagnano la narrazione e che aiutano il bambino ad apprezzare e decifrare il messaggio narrato: i suoni onomatopeici, il ricalco delle azioni con gesti pantomimici, la drammatizzazione sono tutte strategie molto apprezzate dai bambini che facilitano la partecipazione emotiva e la comprensione del testo.
Anche lo sviluppo delle capacità sensorimotorie influisce sulla tipologia di albo illustrato adatto al bambino e alla sua modalità di utilizzo. I primi albi illustrati sono pensati addirittura per accompagnare la futura mamma nel corso della gravidanza e si basano sulla straordinaria precocità del bambino di riconoscere e memorizzare parole e storie: recenti studi di neuroscienze hanno rilevato che già negli ultimi mesi di gravidanza sono presenti attività di elaborazione cerebrale in risposta allo stimolo delle parole pronunciate dalla mamma. Il feto non solo ascolta, ma impara a riconoscere le parole attraverso la musicalità delle vocali: nel cervello dei neonati permangono tracce delle parole ascoltate in precedenza. La natura ha predisposto il bambino fin da subito all’apprendimento del linguaggio, perché già da metà gravidanza il feto possiede un udito perfettamente sviluppato e maturo, in grado di decodificare precisamente i suoni, memorizzare e ricordare musiche, canzoni, storie che la madre ha condiviso con lui durante la gravidanza (Panza, 2016). Si tratta, per esempio, di albi sonori che propongono ninne nanne, filastrocche e brevi narrazioni dove la musicalità della voce narrante è l’elemento fondamentale della narrazione. Questi albi sono particolarmente indicati anche nei primi mesi di vita del bambino, quando ancora non è in grado di maneggiare il libro autonomamente e la vista e la percezione tattile devono ancora raffinarsi, pertanto la stimolazione uditiva permane come un canale sensoriale privilegiato.
Con il progredire dello sviluppo sensorimotorio, il bambino è in grado di utilizzare con maggiore indipendenza l’albo, per esempio di tenerlo in mano, girare le pagine, seguire col dito i contorni e le forme rappresentati. Fino ai due anni il bambino esplora il mondo innanzitutto attraverso la percezione tattile, dapprima con le labbra e poi con il perfezionamento dell’uso della mano. Il pensiero del bambino, come direbbe Piaget è sensomotorio, ossia si esprime attraverso una modalità molto concreta: il bambino ha bisogno dell’oggetto concreto per attivare delle operazioni mentali e la conoscenza del mondo viene filtrata attraverso le azioni pratiche che egli esercita sugli oggetti. Ne consegue che per il bambino il libro è innanzitutto un oggetto fisico da maneggiare, palpare, strumento di percezione e di gioco sensoriale. Anche in questo caso, il mercato dell’editoria infantile ha ben assecondato questa esigenza esplorativa del bambino piccolo, proponendo varie tipologie di libri tattili, esteticamente gradevoli e capaci di attrarre la sua attenzione, anche grazie all’utilizzo di materiali diversi: libri innanzitutto resistenti grazie al rivestimento cartonato, libri di stoffa che possono essere lavati facilmente, libri in plastica da usare al momento del bagno, libri da accarezzare per poter esplorare col tatto materiali differenti, libri di piccolo formato che possono essere portati con sé in ogni occasione. Anche la grafica risponde alle capacità percettive del bambino di questa fase evolutiva, attraverso la proposta di contrasti cromatici, figure nitide che si stagliano chiaramente dallo sfondo, illustrazioni semplici, lineari e pulite.
Questa rivoluzione nel mercato dell’editoria infantile avviene a partire dall’ultimo ventennio del Novecento, quando inizia ad affermarsi l’importanza del piacere della lettura: il libro inizia ad essere concepito come oggetto che deve essere conosciuto fin dalla prima infanzia, quindi non solo come strumento didattico per l’acquisizione dell’abilità di lettura, ma come oggetto dalle innumerevoli potenziali educative, capace di seguire in maniera flessibile la crescita del bambino e delle sue capacità conoscitive (Bastone, 2021).
(FINE PRIMA PARTE)
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